Omelie Vescovo

Omelia del Vescovo per la Messa del Crisma 2024


Messa del Crisma
Cattedrale di Cagliari, 28 marzo 2024

Carissimi in Cristo,

nella sinagoga di Nazaret, Gesù si alza a leggere il brano di Isaia (61,1-2) e, attirando gli occhi di tutti, ne predica il compimento nella sua persona e missione: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,16-21). A Gesù, infatti, si riferiscono la legge e i profeti, in modo tale che unicamente la sua presenza è in grado di spiegarne e attuarne le promesse. Gesù vive e si muove dentro la Parola e la compie, dandole concretezza di carne e sangue, di gesti e parole. Gli occhi di tutti, nella sinagoga, erano fissi su di lui (Lc 4,20), perché in lui la Parola diventa carne e si lascia contemplare (cf. Gv 1,14). Come per i discepoli di Emmaus, Gesù spiega se stesso e le Scritture costituendosi come il vero maestro da ascoltare, guardare, accogliere e seguire.

Tutti noi, cari fratelli nel sacerdozio, possiamo essere maestri rimanendo sempre alla scuola del divino Maestro. Solo in questo modo potremo, secondo le parole di San Gregorio Magno, assumere ed esercitare il magistero pastorale, ben comprendendo che «il governo delle anime è l’arte delle arti» (Regola Pastorale, I,1). Proprio quest’arte appartiene alla missione del presbitero, che ben a diritto è chiamato ad essere educatore nella fede.

Ripenso in questo momento al Decreto del Concilio Vaticano II sul ministero e la vita dei presbiteri, Presbyterorum ordinis, che al n. 6 tratta dei presbiteri, guide ed educatori del popolo di Dio, brano che oggi intendo richiamare brevemente nei suoi elementi fondamentali.

«Spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare, per proprio conto o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione personale secondo il Vangelo, a praticare una carità sincera e attiva, ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati» (PO 6). Siamo educatori nella fede quando ci adoperiamo a che i fedeli a noi affidati sappiano riconoscere e abbracciare la loro particolare vocazione; esprimano una carità adatta ai tempi e ai bisogni degli uomini, autentica e operativa; testimonino al mondo la vera libertà, quella per la quale Cristo ci ha liberati da ogni forma di schiavitù (cf. Gal 5,1).

Siamo educatori. La meta pastorale alla quale tendiamo con la predicazione, l’ordinamento del culto, il governo della comunità, la testimonianza della carità, è infatti «educare gli uomini alla maturità cristiana» (PO 6). Di quale maturità si tratta? Il brano conciliare citato indica tre indici di maturità.

– Il primo: «Per promuovere tale maturità, i presbiteri sapranno aiutarli [i fedeli] a diventare capaci di leggere negli avvenimenti stessi – siano essi di grande o di minore portata – quali siano le esigenze naturali e la volontà di Dio» (PO 6). Che bel compito: guidare i nostri fedeli a leggere questi nostri tempi, quest’oggi personale e sociale, per riconoscere la volontà di Dio, le attese degli uomini e della natura. Leggere nella fede gli avvenimenti, allora, è percepire in essi un appello di Dio, un compito da vivere. Come facciamo ad ascoltare il brano evangelico di oggi, che parla di un annuncio bello per i poveri, di liberazione dei prigionieri, di libertà per gli oppressi e di misericordia donata a tutti, senza pensare a questo tempo di guerre e violenza, di povertà di ogni specie e di attesa di misericordia e senza rinvenirvi un compito che interroga la nostra libertà? Leggere gli avvenimenti per noi è possibile solo alla luce del Risorto e lasciandoci interpellare profondamente da quanto accade. Non possiamo non vedere e non udire l’appello di Dio che risuona negli avvenimenti della storia, di questa nostra storia complicata certo, talvolta drammatica, ma bella e affidata alla nostra cura. L’educazione alla maturità della fede è educazione a saper leggere con gli occhi della fede gli avvenimenti della vita. Quanto tempo spendiamo per questo nelle confessioni!

– In secondo luogo, i «cristiani inoltre devono essere educati a non vivere egoisticamente ma secondo le esigenze della nuova legge della carità, la quale vuole che ciascuno amministri in favore del prossimo la misura di grazia che ha ricevuto e che in tal modo tutti assolvano cristianamente propri compiti nella comunità umana» (PO 6). L’educazione alla maturità della fede è educazione alla carità, che è sincera se è concreta, creativa e operativa, sia nei riguardi del prossimo che versa nel bisogno sia verso la società degli uomini. Abbiamo sentito tante volte il magistero più alto parlare dell’amore al prossimo che deve divenire amore sociale e politico. La carità è cura dell’altro nel suo bisogno concreto e cura della convivenza sociale perché risponda alle esigenze più elementari di giustizia, di libertà, di pace. Abbiamo in questo una precisa responsabilità educativa. Non è vera carità quella che non condivide le risorse ricevute e conquistate. È bello, per me, constatare quotidianamente quanti fratelli sono soccorsi e sostenuti nel loro faticoso cammino in nome e in forza della carità di Cristo.

– L’educazione alla maturità, in terza istanza, implica una vera formazione alla vita della comunità. Ascoltiamo ancora il Concilio: «la funzione di pastore non si limita alla cura dei singoli fedeli: essa va estesa alla formazione di un’autentica comunità cristiana» (PO 6). In modo davvero suggestivo, è detto che i presbiteri «esercitando la funzione di Cristo capo e pastore per la parte di autorità che spetta loro […], in nome del vescovo, riuniscono la famiglia di Dio come fraternità viva e unita e la conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo» (Ibid.) L’educazione cristiana rompe gli individualismi, apre le solitudini, abbatte i muri di inimicizia e fa vivere già in questa terra l’amore trinitario in fraternità vive e unite. Una matura fraternità ecclesiale si prende cura dei fratelli nella fede; si preoccupa dell’annuncio agli uomini del Vangelo vivo di Cristo; si apre alla dimensione più grande della Chiesa particolare e universale.

Educhiamo le nostre comunità a queste dimensioni di fraternità, missionarietà, cattolicità. Ciò è possibile alle nostre comunità che abbiano come radice e motivo fondamentale la celebrazione eucaristica, «dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di comunità» (PO 6). Non c’è educazione cristiana che non debba partire e continuamente rinascere dall’eucarestia. Il sacramento della carità di Cristo conduce alla comunità fraterna, missionaria, dilatata nelle sue dimensioni spirituali.

Carissimi fratelli, per poter vivere questo entusiasmante orizzonte educativo e pastorale (pastorale perché educativo), siamo richiamati ad assumere seriamente una regola e a evitare un rischio. Il rischio è di trattare ed educare gli uomini esclusivamente in base ai propri gusti o sensibilità personali, e non in base alle esigenze dell’insegnamento e della vita cristiana. Anche Gesù è maestro perché non parla da sé ma consegna a noi ciò che riceve dal Padre: «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato» (Gv 7,16). La norma è quella che proviene dal Vangelo, ossia assumere il pensiero e il sentimento di Cristo, il nostro unico Maestro: «Nell’edificare la Chiesa i presbiteri devono avere con tutti dei rapporti improntati alla più delicata bontà, seguendo l’esempio del Signore» (PO 6). Siamo unicamente animati dall’esempio e dalla grazia di Gesù. Egli dice: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro, ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro» (Lc, 6,39-40). Per essere come il Maestro Gesù, occorre non smettere di esserne discepoli in quella grande scuola che è la Chiesa. Restiamo sempre discepoli docili e desiderosi di imparare per poter essere maestri credibili.

Gesù Cristo è il nostro Maestro. Imploriamo il buon Dio di esserne un’immagine certamente imperfetta e limitata ma non sbiadita e deforme. Nello svolgimento del nostro compito di governo, che è autorità e servizio di educazione alla maturità cristiana, siamo icona di Cristo Gesù. In lui si compiono tutte le promesse del Padre e le attese degli uomini.

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