Messa di ringraziamento per l’elezione del Sommo Pontefice Leone XIV
Cattedrale di Cagliari, lunedì 19 maggio
At 14, 21b-27
Gv 14,21-26
Carissimi fratelli e amici,
la Chiesa Cattolica ha vissuto in questi mesi, e nell’ultimo in particolare, avvenimenti importanti: la malattia e la morte di Francesco, la preghiera di suffragio per la sua anima e per il futuro della Chiesa, la preparazione e la celebrazione del Conclave, l’elezione di Leone XIV. Cosa abbiamo vissuto? Cosa è davvero accaduto? Papa Leone, due giorni dopo l’elezione, ci ha donato la chiave di lettura: «In questo momento, ad un tempo triste e lieto, provvidenzialmente avvolto dalla luce della Pasqua, vorrei che guardassimo assieme alla dipartita del compianto Santo Padre Francesco e al Conclave come a un evento pasquale, una tappa del lungo esodo attraverso cui il Signore continua a guidarci verso la pienezza della vita» (Incontro con i Cardinali, 10.05.25). Abbiamo vissuto un “evento pasquale”, una particolare manifestazione del Signore, e con questo animo dobbiamo chiedere di poter guardare così tutti gli eventi dell’esistenza, lieti e tristi, personali e ecclesiali, quali tappe di un unico cammino verso la pienezza promessa. Un evento pasquale non si accontenta di una soddisfazione emotiva ma chiede una risposta di fede, un “passaggio” a una maturità nuova.
Ho avuto ieri mattina la gioia di concelebrare la Santa Messa di inizio del ministero petrino del nuovo Vescovo di Roma. Ho pregato per Leone e per la Chiesa tutta, per voi e con voi, per usare un’espressione agostiniana citata dal pontefice nella sua prima apparizione. In queste settimane molti fedeli mi hanno confidato, e quasi consegnato, la loro tristezza per la malattia e poi la morte di papa Francesco, la trepidazione e la preghiera per il Conclave, la gioia e la nuova speranza per il nuovo Pontefice.
Un numero immenso di fedeli ha vissuto questi eventi come momenti di vita personali e con sentimenti sinceri, fino alla commozione e le lacrime. Perché tanto coinvolgimento? Si può pensare al grande bisogno e alla gioia, alla quale siamo educati nella fede cattolica, di un padre, di una luce di orientamento e un punto certo d’amore, di una roccia (cf. Mt 16, 18) sulla quale poggiare per stare saldi come singoli e come comunità. È in fondo l’urgenza di un testimone che ci liberi dal soggettivismo e renda presente, in qualche modo visibile, ciò che crediamo, ciò che ci è stato annunciato.
A questo si aggiunge la riscoperta di far parte di una grande comunità, larga quanto i confini del mondo e lunga duemila anni, la sorpresa di star dentro una storia che raggiungerà la fine dei tempi. I confini dei nostri interessi si sono allargati tanto da comprendere l’intera Chiesa (fino all’America e al Perù), che è apparsa nella sua ricchezza di uomini di colore, lingua, popoli diversi. Soprattutto, il cuore è come risalito alla fonte di questo immenso flusso di umanità per raggiungere il suo punto sorgivo, quell’uomo unico per cui Pietro ha lasciato tutto; che ha riconosciuto Figlio del Dio vivente (cf. Mt 16, 13-19); che ha prima rinnegato, per cui ha pianto amaramente, poi ha visto risorto (cf. Lc 24, 34) e nel cui nome ha confermato i fratelli (cf. Lc 22, 31-32); che ha sempre amato e seguito fino a dare la vita per lui e per pascere le sue “pecore” (cf. Gv 21, 15-19). L’affetto per il successore di Pietro deve come alimentarsi dello sguardo e del cuore del pescatore di Galilea per Gesù e della comprensione dell’elezione di Pietro a favore della Chiesa.
Amiamo la Chiesa, ci è donata dalla misericordia di Dio, amiamo la Chiesa senza farci padroni di quello che dobbiamo solo accogliere e servire. Essa sgorga continuamente dall’amore di Dio Trinità: «Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui. […] Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 21.23). Che bello, cari fratelli, avere questo animo dilatato per sentire come proprio l’intero mondo e contemporaneo l’evento di Gesù Cristo, morto e risorto, nato a Betlemme di Giuda, qui ed ora presente nel segno fragile e grandioso della sua Chiesa.
Ha detto lo stesso Leone XIV: «Nei giorni scorsi, abbiamo potuto vedere la bellezza e sentire la forza di questa immensa comunità, che con tanto affetto e devozione ha salutato e pianto il suo Pastore, accompagnandolo con la fede e con la preghiera nel momento del suo definitivo incontro con il Signore. Abbiamo visto qual è la vera grandezza della Chiesa, che vive nella varietà delle sue membra unite all’unico Capo, Cristo, «pastore e custode» (1Pt 2,25) delle nostre anime» (Incontro con i Cardinali, 10.05.25). Amiamo la Chiesa, comunità bella, forte e grande, senza risparmiare le nostre energie per renderla «solida nella concordia ed entusiasta nella missione».
Il Papa è dato alla Chiesa dalla misericordia di Dio proprio per questo, per assicurarle tale solidità nella concordia ed entusiasmo nella missione. Questa è la consegna, come ha ribadito Leone ieri mattina: «Amore e unità: queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù» (Ib.). D’altra parte, può essere vissuto un amore che non tenda all’unità, e l’unità della comunione può avere altro fondamento dell’amore? Vale per la Chiesa quel che dovrebbe valere per le nostre famiglie: amore e unità.
Per questa unità fondata sulla fede e comunione stabilita sull’amore, il Signore ha pregato prima di consegnarsi al martirio della croce, a favore della testimonianza nel mondo. La fede e l’amore non possono chiuderci nei nostri piccoli recinti, ma ci aprono al mondo: «In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità» (Celebrazione Eucaristica per l’Inizio del Ministero Petrino, 18.05.25). Non vogliamo stare in un luogo a parte, caldo ma distante dal mondo; siamo chiamati a star “dentro” la storia, come lievito in mezzo alla pasta. Al cuore inquieto dell’uomo, con le sue domande e aspirazioni, con il suo dolore e desideri la Chiesa indica Colui che è la nostra pace, la via, la verità e la vita, la roccia del nostro cuore: «Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno» (Ib.). La nostra missione è invitare tutti a guardare, avvicinare, accogliere, ascoltare Cristo.
Cari fratelli, dopo i momenti carichi di emozione di questi mesi, torniamo alla gioia e alla fatica delle nostre giornate, lieti di essere stati confermati nella fede, certi che il Signore custodisce nell’unità e nell’amore la santa Chiesa, desiderosi di annunciare Cristo al mondo, felici di procedere insieme, tutti, pastori e gregge, ciascuno nella ricchezza della sua vocazione, nel cammino della salvezza.