Omelie Vescovo

Omelia del Vescovo per l’Annunciazione del Signore

25 marzo 2022. Annunciazione del Signore

Basilica di Bonaria (dopo la recita dell’Atto di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria della Russia e dell’Ucraina)

Siamo venuti alla Madonna perché certi della sua misericordia. Ci guarda come madre, madre come nessun’altra potrebbe essere perché è la Madre di Dio. È diventata madre di tutti e di ciascuno, perché ha partecipato all’offerta del Figlio sulla croce; sa quanto è costata la sua maternità, quanto è costata la nostra salvezza: il sangue di Cristo (cf. 1Cor 6,20).

Come da piccoli, quando ricevevamo qualche “colpo” in più andavamo dalla mamma a piangere, a dire “non è giusto”, ora siamo qui a ripetere: non è giusto. Dire la verità, distinguendo il giusto dall’ingiusto, è il primo modo con cui possiamo combattere la guerra. La verità è che l’uomo non può essere calpestato e ucciso per interessi economici, politici e di potere, che non è giusto bombardare gli ospedali, costringere le donne e i bambini a scappare. Noi possiamo dirlo a Maria, a un titolo speciale perché, come diceva San Giovanni Paolo II, unendosi nel suo grembo all’uomo Gesù di Nazareth, il Verbo di Dio, in qualche modo, si è unito a ogni uomo (cf. Redemptor hominis 8). Guardando il viso di ogni uomo il Padre riconosce il volto del Figlio. Non dobbiamo stancarci di ripetere l’ingiustizia e la bruttura di quello che accade in Ucraina, perché la tentazione di assuefarci a queste immagini terribili e non veder l’ora di passare oltre, è incombente.

Siamo qui per dire alla Madre: guardaci, siamo in pericolo, è brutta la guerra. Possiamo dirlo perché siamo una sola cosa con gli altri uomini. Reagiamo con commozione o con rabbia proprio perché sentiamo in noi, istintivamente, un legame di solidarietà con gli altri uomini, altrimenti potremmo passare oltre e guardare da un’altra parte. Ma che uomini saremmo se non ci lasciassimo ferire dal grido e dal pianto di gente come noi? Come faremmo a guardarci allo specchio? C’è un legame all’interno della famiglia umana e, a maggior ragione, nella Chiesa. Per cui ciò che accade in una città che porta il nome di Maria, Mariupol, è come se accadesse a casa mia e ciò che colpisce lì qualcuno, è come se colpisse nostro fratello. Siamo qui a chiedere alla Madre di rinnovare il sentimento acuto, bello, ma anche doloroso, della fraternità. Ciò che accade a un membro interessa le altre membra del corpo. Ci apparteniamo e quando un membro soffre, dice San Paolo, soffrono tutti gli altri (cf. 1Cor 12,26). Speriamo con chi spera, e sentiamo in noi la paura di chi deve scappare, l’angoscia di chi sente le bombe piovere dall’alto perché siamo fratelli, siamo legati gli uni agli altri. Chiediamo alla Madre di rinnovare questi sentimenti di intima solidarietà, che sono già la contestazione più radicale della guerra. La guerra vive della dialettica amico-nemico e viene sconfitta dalla logica della fraternità.

Il legame misterioso che ci unisce agli altri uomini ci rende solidali nel bene ma anche nel male. La guerra, le divisioni, le invidie, l’odio, il parlare e il pensare male, hanno la loro radice nel cuore dell’uomo, per questo nessuno può pensare di essere migliore degli altri. Forse non saliremo mai su un carro armato, non spareremo missili ma sappiamo come far male. Non è possibile chiedere la pace del mondo senza il dolore dei nostri peccati. Abbiamo peccato tutte le volte in cui abbiamo assolutizzato il nostro punto di vista, quando abbiamo trasformato in idolo il nostro interesse, la nostra immagine, noi stessi, dividendo così gli uomini tra amici e nemici. Chi ama Dio, che è l’unico assoluto, l’unico “tutto”, sa relativizzare se stesso e accogliere l’altro, sentire che siamo tutti in cammino. Sarebbe ipocrita chiedere la pace nell’Est Europa senza chiedere la conversione del nostro cuore, perché certamente sappiamo fare grandi cose ma tutti siamo capaci anche di cose pessime.

È questo il punto in cui si innesta l’atto di Consacrazione di oggi. Dice il Concilio Vaticano II che gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo riflettono il più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo (cf. GS 10). Ma cosa può sanare il cuore? Il cuore dell’uomo può cambiare solo nell’esperienza di un amore assoluto, di una bellezza infinita, di una verità profonda e solo Dio è questo amore, questa bellezza e questa verità. Consacrando l’umanità al cuore di Maria, abbiamo chiesto di essere attirati al Suo amore.

Preghiamo che accada l’imprevisto che solo Dio può realizzare, come quello che irruppe nella casa di Nazareth quando l’angelo entrò da Maria (cf. LC 1,27). Nel 1370, nel contesto di una grande tempesta, arrivò in questo luogo una cassa che, una volta aperta, mostrò il volto bello della Madonna che indica il figlio Gesù, la luce del mondo. Noi abbiamo bisogno dello stesso imprevisto. Abbiamo bisogno che Dio entri nella nostra vita, nel nostro cuore, nei nostri rapporti, nelle relazioni tra i popoli e plachi la tempesta. Sembra che tutto sia nelle mani dei potenti e invece tutto è nelle mani di Dio, e gli chiediamo: vieni Signore, vieni presto! Sei tu la nostra pace (cf. Ef 2,14), il principe della pace (cf. Is 9,6). Lo chiediamo per intercessione di Maria, certi che la sua misericordia possa aiutarci e suggerire di nuovo a Gesù che siamo nel bisogno (cf. Gv 2,3). Ecco il grande imprevisto che speriamo perché nel cuore di ogni uomo c’è sempre un briciolo di umanità, un punto di verità della coscienza al quale Dio può ricorrere.

Questo imprevisto di Dio, come nella casa di Nazareth, ha bisogno di un punto d’ingresso: eccomi! (cf. Lc 1,38). Sant’Agostino diceva che Maria ha concepito nel grembo perché prima ha concepito nella mente per la fede (cf. Discorso 215,4). La questione della guerra coinvolge certamente la responsabilità dei governanti e dei potenti della terra, ma riguarda anche me e te, interpella la nostra fede, perché se Cristo Gesù cresce nella nostra vita, più facilmente può salvare il mondo, che ha bisogno di Dio e affinché sia visibile e possa cambiare le circostanze della storia, io sono chiamato ad aprirgli la porta della mia vita. Anche la guerra rischia di restare uno spettacolo da guardare dalla finestra finché non avremo detto il nostro “eccomi”. Ciò che trasforma le immagini tragiche, che ci giungono nel cammino umano, è che ciascuno dica il «» della fede, così che Dio possa parlare alla vita di chi ci sta accanto. Il «Sì» di una donna sconosciuta, in un paese sconosciuto ha cambiato il mondo. Dobbiamo osare e pensare lo stesso: il mio «Sì», il mio «Eccomi», l’offerta della mia vita, della mia preghiera, dei miei soldi, della mia casa per chi ha bisogno, può cambiare il mondo.

Chiediamo a Maria un supplemento di fede, di speranza e carità, perché siamo certi che è Dio a tenere nelle mani le sorti dell’umanità. La carità della nostra preghiera, del sovvenire anche economico, la carità della solidarietà e dell’accoglienza può cambiare il mondo. Cristo è la nostra pace, e tutte le volte in cui apriamo il nostro cuore alla sua presenza diventiamo artigiani di pace, e spostiamo la traiettoria delle vicende della storia di quel po’ che serve per salvare tutti.

 

 

 

 

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