Omelie Vescovo

II domenica di Pasqua. Omelia dell’Arcivescovo

Cattedrale di Cagliari, 19 aprile 2020

 

San Giovanni Paolo II volle istituire questa domenica della Divina Misericordia per manifestare l’intimo legame tra questa e l’evento pasquale, legame così espresso da San Pietro: «Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce» (1Pt 1,3). La misericordia di Dio ci comunica la forza del Signore risorto per farci ri-nascere (per ri-generarci) ad una speranza viva, cioè più forte di ogni contrarietà, stanchezza, aridità o dissoluzione. La misericordia di Dio non comunica la consolazione di un momento o il sollievo di una carezza che passa, bella ma effimera, ma una speranza sempre viva, anche contro ogni umana speranza.

La Divina Misericordia ha la stessa natura della risurrezione di Cristo e comunica una vita più forte della morte. Leggiamo nella Parola di Dio i segni di questa rigenerazione. San Pietro parla di un tempo di prova e di afflizione, ma anche di amore e gioia indicibile e gloriosa. Il Vangelo di Giovanni ci presenta la comunità degli apostoli riunita a porte chiuse per timore dei Giudei e poi unita nella gioia grande del vedere il Signore. Il Risorto, in forza del suo Spirito, tramuta anche la tristezza del peccato nella gioia del perdono. E poi Tommaso, che dal dubbio è rigenerato all’adorazione della fede: Mio Signore e mio Dio! La misericordia di Dio apre la porta al nuovo e ci rigenera continuamente alla speranza, alla gioia, alla pace, al perdono, alla fede. In forza di cosa può accadere tutto questo? Il vangelo racconta: «venne Gesù, stette in mezzo e disse loro…» (Gv 20,19), e poi ancora, otto giorni dopo: «Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse…» (Gv 20,26).

Ecco la misericordia di Dio: viene Gesù, viene e sta in mezzo a noi e parla, soffia il suo spirito, ci fa toccare le sue piaghe. Egli viene sempre, perfino attraversando le nostre porte chiuse. Anche in questi mesi è venuto a trovarci e a parlarci nel chiuso delle nostre case per dirci e donarci la sua pace. L’abbiamo riconosciuto in tanti modi e l’opera che ci attende è ri-ascoltarLo nelle vicende e nelle storie dei nostri fratelli. Scrive ad esempio un sacerdote di Milano gravemente colpito dal virus: «Durante la rianimazione, mentre ero sedato, ho vissuto una sorta di sogno…, in cui vivevo quanto realmente stava accadendo (subivo intubazioni opprimenti mentre intorno a me le persone morivano), ma il tutto era avvolto dal senso della presenza di Dio, che conferiva a ogni cosa una dimensione di pace e di serenità. Ridestato, nei diversi reparti, questa pace mi ha accompagnato sempre, mentre sperimentavo il conforto … Non posso attribuire a me stesso la capacità di questo sereno affidamento alla divina misericordia». No, non possiamo attribuire a noi questo sereno conforto. La pace e la misericordia non sono sentimenti ma una Presenza, la presenza del Risorto che viene sempre e penetra anche le porte chiuse delle nostre paure.

Non possiamo adesso tornare semplicemente alla vita di prima, serve un nuovo inizio che per noi è come una rigenerazione, tutta fondata sulla presenza misericordiosa del Signore Risorto. Tommaso ha creduto perché ha toccato le sue piaghe e ferite. A noi che abbiamo toccato le piaghe e le ferite della nostra umanità sofferente, ci consenta il Signore di ripetere le sue stesse parole di fede: Mio Signore e mio Dio! Da questo può ripartire la nostra rigenerazione.

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