Giubileo 2025 Omelie Papa Vescovo

Omelia del Vescovo per il secondo Pellegrinaggio Diocesano Mariano

Pellegrinaggio Diocesano Mariano 
Santuario di Santa Maria in Uta, 30 Maggio 2025
Maria Madre di Dio, Madre nostra, Madre della speranza

Carissimi fratelli in Cristo,

vi ringrazio di cuore per aver accolto l’invito a camminare insieme verso questo Santuario di Santa Maria, per pregare concordi per noi e la Chiesa intera, per ringraziare della grazia goduta lungo questo anno pastorale. La Chiesa si raduna in unità nella misura in cui sappiamo rispondere alla chiamata all’unica speranza: «Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione» (Ef 4,4). Rispondendo personalmente alla chiamata alla speranza, veniamo costituiti nell’unità di un solo corpo. Quando, invece, non rispondiamo alla chiamata della nostra vocazione appare la divisione dentro il corpo della Chiesa e dell’umanità. Per creare l’unità ciascuno deve rispondere alla chiamata all’unica speranza che costituisce la nostra vocazione. Vi ringrazio, quindi, perché partecipando a un gesto come questo, semplice e umile, ma efficace, noi contribuiamo all’unità della Chiesa nella concordia della preghiera e dell’attesa, come nel cenacolo, attorno a Maria, la Madre di Gesù (cf. At 1,14).

Proprio oggi, l’Ufficio delle Letture offriva un brano di Sant’Agostino che ci aiuta a vivere questo momento: «La Chiesa conosce due vite che le sono state divinamente predicate e affidate: una è nella fede, l’altra nella visione; una nel tempo del pellegrinaggio, l’altra nell’eternità della dimora; una nella fatica, l’altra nel riposo; una lungo la via, l’altra nella patria; una nell’attività, l’altra nel premio della contemplazione» (Trattati su Giovanni, 124,5,7).

La speranza cristiana ci mette propriamente “lungo la via”, ci fa vivere con intensità il “tempo del pellegrinaggio”. Ci siamo messi in cammino, come il Giubileo ci invita a fare, per significare che la vita è andare verso Gesù Cristo che ci viene incontro. Camminare per noi è andare incontro a chi cammina verso di noi e ci attira con la sua bellezza. Siamo per via perché attratti da una promessa di verità, di gioia infinita, di vita eterna che ha già conquistato, nella speranza, il nostro cuore. Il cristiano è ben consapevole della debolezza propria e dell’umanità, si addolora per il tradimento continuo, ma non si ferma, si prende cura di ciò che incontra perché ha l’infinito del cuore e sospira l’eterno. «Ogni bellezza e ogni felicità – insegnava San Bonaventura -, ogni soavità delle cose create può allettare un cuore umano, ma saziarlo non potrà se non la dolcezza per la quale è stato creato». Il dolore per le proprie cadute non può offuscare la certezza della patria per la quale siamo stati creati, nella quale Dio dimorerà e sarà il “Dio-con-noi”. «E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; /non ci sarà più la morte, / né lutto, né lamento, né affanno, / perché le cose di prima sono passate» (Ap 21,4). Siamo fatti per questo, camminiamo, incontriamo gente, ci prendiamo cura del creato perché abbiamo nel cuore questa grande speranza alla quale apparteniamo. Insegnava papa Francesco, che ricordiamo grati: «“Homo viator, spe erectus”, dicevano gli antichi. Lungo il cammino, la promessa di Gesù “Io sono con voi” ci fa stare in piedi, eretti, con speranza, confidando che il Dio buono è già al lavoro per realizzare ciò che umanamente pare impossibile, perché l’àncora è sulla spiaggia del cielo. Il santo popolo fedele di Dio è gente che sta in piedi – “homo viator” – e cammina, ma in piedi, “erectus”, e cammina nella speranza. E dovunque va, sa che l’amore di Dio l’ha preceduto: non c’è parte del mondo che sfugga alla vittoria di Cristo Risorto. E qual è la vittoria di Cristo Risorto? La vittoria dell’amore» (Udienza del 26 aprile 2017).

Nella speranza, il popolo cristiano è sempre in cammino, sempre in piedi, aiutando ciascuno a rialzarsi, sostenendo tutti nella fatica, incoraggiando nella certezza della meta. La speranza ci tiene in piedi e ci mette in cammino!

Rinnoviamo, cari fratelli, l’amore alla Chiesa. Nella potente immagine biblica la patria è un popolo, dimora di Dio, il “suo” popolo (Ap 21,3). Dentro lo stesso popolo, già qui, mentre siamo ancora “per via”, sperimentiamo, come in pegno, la stessa consolante gioia e la forza della speranza. Nessuna delusione, nessun tradimento o fatica potrà allora abbatterci o fermarci. Siamo certi che Dio è con noi lungo il pellegrinaggio e ci attira verso la patria. Chiediamo la grazia di amare e ammirare la Chiesa come popolo in cui Dio dimora, casa nella quale Cristo ci dona la sua misericordia. Amiamo la Chiesa, aiutiamoci a vicenda, perdoniamoci di cuore, allarghiamo le braccia per accogliere tutti nell’amore di Cristo. Amare la Chiesa significa esser pronti a dare la vita per renderla più bella, senza macchia né ruga.

Supplichiamo Maria e chiediamo la grazia della gioia e del gusto del bene. Sappiamo che lungo la via le fatiche, piccole e grandi contrarietà, tendono a strapparci la gioia, il gusto con cui avevamo iniziato. È sempre incombente il rischio di abbandonare l’«amore di prima» (Ap 2,4) e della tiepidezza. Ma senza la gioia dell’amore, da dove attingere l’infinita pazienza della fedeltà, la forza del perdono, la docilità per accogliere la sofferenza e accettare il sacrificio? «Non hanno vino» (Gv 2,3). O Maria, parla al Figlio tuo della nostra fatica e strappa dal nostro cuore la pigrizia, l’amarezza, quella tristezza del mondo che diventa rabbia e offusca talvolta la nostra speranza. Ottienici la grazia della felicità, la gioia del cammino, il gusto del bene.

Vogliamo poi chiedere a Maria la grazia della creatività dell’amore. La Chiesa di Cagliari ha generato nella sua storia infinite opere caritative e di educazione, delle quali essere grati, all’origine delle quali non è un programma sociale da attuare, ma l’opera di uomini e donne di fede, speranza e carità che si lasciano interpellare dai bisogni dei fratelli più deboli. «Non hanno vino» (Gv 2,3). Lo sguardo della fede coglie il bisogno dei fratelli e lo trasforma in iniziativa, in azione. È uno sguardo che ci fa sentire nostre le sofferenze di tutti, della gente di Gaza, dell’Ucraina, del Sudan. Il cuore si dilata e sente come propri i dolori degli altri e le speranze di tutti. Sentiamoci chiamati a tergere ogni lacrima, a consolare il lutto, a operare la pace. Il mondo di oggi ci chiede la grande creatività delle beatitudini per rispondere in modo sempre nuovo alle sfide del presente e alla chiamata di Dio. «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Il popolo cristiano pone nel mondo la grazia di Dio che rinnova ogni cosa, crea cose nuove e fa rinascere quelle antiche. Trasformiamo i segni dei tempi in segni di speranza, in opere di misericordia.

«Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Il Signore conforti il suo popolo di sante vocazioni, del miracolo di uomini e donne la cui unica speranza è Dio e la ragione del vivere la collaborazione perché venga il suo Regno.

Cari fratelli e amici, facciamo nostre le prime parole di papa Leone: «Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti, e il male non prevarrà! Siamo tutti nelle mani di Dio. Pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti! Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce». Andiamo avanti, uniti a Cristo e tra noi, senza paura perché Cristo ci precede, cammina con noi e ci attira a sé. Con noi è la Madre. Siamo certi che è Cristo lo sposo che trasforma la vita in una grande festa, quella verso cui camminiamo, quella che tutti gli uomini desiderano.

Santa Maria, Madre della santa speranza, prega per noi, per la Chiesa intera, per questo nostro mondo.

 

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