Domenica 21 settembre 2925
XXV del Tempo Ordinario
Cagliari, Basilica di N.S. di Bonaria
«Uno solo è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1Tm 2, 5-6). L’unicità di Dio e l’amore più grande di Cristo Gesù, il solo mediatore, danno ragione di quella radicalità e totalità di dedizione che il Vangelo richiede: «Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Lc 16, 13). In questione è l’amore in cui consistiamo e lo scopo per cui realmente viviamo.
Gesù sollecita sempre a decidere per Lui. Invita il giovane ricco a vendere tutto e darlo ai poveri, per poterlo seguire in modo libero e totale, per essere perfetto e assecondare l’amore con il quale è stato fissato (cf. Mc 10,17-22); chiede ugualmente al pubblicano Matteo, che guarda con predilezione, di lasciare il banco delle imposte e di seguirlo (cf. Mt 9, 9). Un amore totale sollecita una sequela fiduciosa, senza le riserve del sospetto. Chi ha la libertà di decidere per Cristo scopre che è Lui il centro della storia, la chiave della vita, la ragione dell’universo. «Tu sei, o Cristo Dio, il vero desiderio e l’inesprimibile giubilo di coloro che ti amano, e tutto il creato a te dà gloria in eterno» (Preghiera bizantina). Il desiderio di chi cerca, la gioia di chi ama.
Ricordiamo le parole dello scrittore Dostoevskij per il quale confessare la fede significa «credere che non ci sia niente di più bello, profondo, disponibile, sensato, coraggioso e perfetto di Cristo». Nulla e nessuno è più bello, più attraente e allo stesso tempo più necessario. «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6, 68-69). Più tardi, dopo il dramma del tradimento sempre Pietro, che aveva lasciato tutto per lui: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (Gv 21, 17). E Gesù gli chiede di servirlo pascendo le sue pecore e di seguirlo per sempre. Il Vangelo di oggi ci provoca a rispondere alla medesima domanda: «Mi ami più di costoro?» e a scegliere Dio semplicemente, senza resistenze e condizioni, lasciando ciò che gli è estraneo e contrario, nell’abbandono più fiducioso. Nell’amore di Dio, infatti, ogni incontro viene illuminato, ogni affetto guadagna consistenza, e anche i beni temporali acquistano il loro vero valore. Non abbiamo ragione per sottrarci al suo abbraccio.
«Benedetto il Signore che rialza il povero»: Sl 112 (113). Servire Dio significa imparare il suo cuore e imitare il suo gesto verso gli uomini, soprattutto i più bisognosi, immettendo nella storia la gratuità di un amore che accoglie e rialza l’altro. Servire Dio porta a “dare da mangiare”, “dare da bere”, “accogliere”, “vestire” e “andare a far visita” (cf. Mt 25,34-40) a favore di coloro ai quali Egli si è legato in modo particolare. «Tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40). Servire Dio comporta il servizio della carità a favore di ogni uomo.
Servire invece la ricchezza dei soldi o del potere manifesta un attaccamento a sé, un amor proprio che porta a identificare lo scopo dell’esistenza con qualcosa da conquistare, un’immagine da difendere, fino a quell’idolatria che vuol spiegare e forzare la realtà a proprio vantaggio, rompendo l’armonia e scontrandosi con gli altri. Questa è la radice di ogni conflitto, come quelli che stanno insanguinando in questo momento popoli e terre a noi vicini, in Ucraina e in Medioriente, a Gaza in modo terribile, e in larghe parti dell’Africa, negando anche ai bambini gli affetti dei genitori, il pane e il futuro, e perfino il diritto alla vita.
«Il “mio” e il “tuo”, queste fredde parole che introducono nel mondo infinite guerre», scriveva San Giovanni Crisostomo.
Chi serve Dio, invece, e chi cerca davvero la verità, si fa pellegrino di pace, sapendo scorgere nel volto dell’altro un fratello da accogliere, amare, sostenere. Il senso religioso, nella purezza della sua tensione, è contrario a ogni forma di violenza e sopraffazione perché risolve il “mio” e il “tuo” nel “noi” dei figli di Dio.
Nostra Signora di Bonaria, che giunse in questo colle a seguito di una tempesta furiosa, ascolti il grido del nostro cuore, rinnovi la nostra fede, continui a offrire, in quest’ora buia della storia, la luce di Cristo a tutti i nostri fratelli che sospirano la pace.