Omelie Vescovo

Omelia del Vescovo per la solennità del Corpus Domini 2025

Solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo – 2025
Santa Messa
Basilica Cattedrale, Cagliari 22 giugno 2025

Gesù, nella sua misericordia, parla alle folle e guarisce quanti hanno bisogno di cure. Alla fine della giornata narrata dall’evangelista Luca (cf. Lc 9, 11b-17) i discepoli si accorgono della loro fame, e chiedono che Gesù li congedi o che mandi loro a comprare qualcosa. Ma con quali soldi? Sono tanti. Le folle sono penetrate in profondità in una zona deserta per stare con lui, per guardarlo, sentirlo, conversare, per lasciare che si prenda cura delle loro ferite. Attratti da Gesù Cristo, lo hanno seguito senza lasciarsi bloccare dal pensiero “realistico” del cibo e del ricovero notturno. Il vero realismo, per loro, è stare con Gesù! Adesso sentono fame, e mentre i discepoli si lasciano interrogare dal bisogno che può essere saziato con il cibo che deve essere comprato e venduto, scambiato in un atto di commercio, Gesù vede in profondità un’altra fame, un bisogno, una domanda alla quale può corrispondere solo lui, solo il dono gratuito della sua presenza (che può essere solo accolta, mai “comprata”). Solo lo sguardo di un Dio infinito ed eterno può leggere la fame di infinito e di eternità che è nel cuore dell’uomo, che mai si sazia, mai si acquieta, che cerca sempre di più, oltre, Altro. Ha scritto papa Francesco per questo Anno Santo: «La felicità è la vocazione dell’essere umano, un traguardo che riguarda tutti». Abbiamo fame di felicità. «Ma che cos’è la felicità? Quale felicità attendiamo e desideriamo? Non un’allegria passeggera, una soddisfazione effimera che, una volta raggiunta, chiede ancora e sempre di più, in una spirale di avidità in cui l’animo umano non è mai sazio, ma sempre più vuoto. Abbiamo bisogno di una felicità che si compia definitivamente in quello che ci realizza, ovvero nell’amore, così da poter dire, già ora: “Sono amato, dunque esisto; ed esisterò per sempre nell’Amore che non delude e dal quale niente e nessuno potrà mai separarmi”» (Spes non confundit, 21). La fame di felicità può essere solo saziata da un amore corrispondente, gratuitamente donato.

Solo la carità di Cristo sazia la fame di felicità e di vita, di verità e giustizia che è nell’uomo. Nel pane eucaristico questa carità diventa cibo che nutre e dà forza. Per questo Cristo è morto ed è risorto nel suo vero corpo. C’è in noi una fame che non può essere soddisfatta lontano da Gesù. Egli ci invita a sedere a gruppi, nel gesto della comunione, perché ciò che si riceve deve essere parte di una condivisione di amicizia e fraternità. La Chiesa, fedele discepola del Signore, non smette di convocare gli uomini alla comunione nella quale ogni bisogno è letto, accolto, incontrato dall’amore di Cristo.

Nel Padre nostro chiediamo sia il pane che ci sostiene nel cammino terreno sia il pane di vita eterna (cf. Gv 6, 48-51) che ci dà speranza, che indica la meta, che ci mette in cammino verso un compimento, non a caso descritto come un grande banchetto (cf. Is 25, 6).

I discepoli distribuiscono alla folla il cibo che ricevono da Gesù (cf. Lc 9, 16). Il cibo eucaristico rimane gustoso e utile solo quando è condiviso, quando è offerto agli uomini che quotidianamente incontriamo in famiglia, al lavoro, nelle comunità, negli ambienti di vita nei quali la nostra esistenza si svolge. Tutti attendono questo cibo, perché esitiamo a distribuirlo? La carità di Cristo vuole incontrare la fame degli uomini in noi e per la nostra testimonianza e opera. Divenendo anche noi “pane” donato, sapremo portare a Dio la fame degli uomini e trasmettere agli uomini il pane vivo.

Ricevendo l’eucaristia, dicendo il nostro Amen, accettiamo di essere memoria di Cristo nel mondo nutrendo il Cristo presente nei fratelli.

Pensiamo ai nostri fratelli più deboli a causa della malattia che non hanno bisogno di essere aiutati a morire ma semmai di essere sempre accompagnati con amore per vivere ogni istante dell’esistenza con dignità.

Non possiamo non ricordare San Giovanni Crisostomo e il suo invito a onorare l’altare del povero, passando dal sacramento del pane al «sacramento del fratello».

Siamo per questo in festa per il riconoscimento da parte del Santo Padre delle virtù eroiche della Venerabile Serva di Dio Suor Teresa Tambelli, che proprio a Cagliari, soprattutto nel quartiere della Marina, visse un fecondo apostolato nell’educazione delle giovani e nel servizio della carità, secondo il carisma vincenziano, a favore soprattutto dei bambini e i ragazzi più poveri. Considerandone la vita, imitiamone la fede e la carità (Eb 13, 7-9a). Questa città ha bisogno di testimoni di carità e di ministri di speranza. A che serve discutere del disagio dei ragazzi se non vi sono persone disposte a trasmettere a loro il senso delle cose, a donare la carezza di Dio, a dar loro la vita?

«La comunione a questo sacramento sazi la nostra fame e sete di te, o Padre, e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio» (Liturgia).

 

 

 

 

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