Benedizione eucaristica in Piazza Matteotti
Al termine di questo cammino, siamo raccolti per adorare. Nell’inno Adoro te devote cantiamo la divinità nascosta ma realmente presente “sotto queste figure” (sub his figuris): il pane e il vino, doni della creazione e al contempo frutti del lavoro dell’uomo, che vengono trasformati dallo Spirito di Dio per divenire corpo e sangue del Signore nella sua donazione, nella sua offerta d’amore per noi. Adorare significa riconoscere, con abbandono sincero e riverente, in questi segni, la presenza di Dio assolutamente vero, di una Verità che dà ragione di ogni cosa vera; assolutamente bello, di una Bellezza che si riflette in ogni cosa bella; assolutamente buono, di una Bontà che si comunica in ogni cosa buona.
Adoriamo in questi segni il Signore donato per amore del mondo e di ciascuno di noi (cf. Gv 3,16). Nel pane e nel vino eucaristici, il mondo comincia a essere trasformato, noi veniamo trasformati per annunciare con le parole e la vita la morte e la risurrezione di Cristo, finché egli venga (1 Cor 11, 26), noi chiamati ad essere principio di una creazione nuova.
Ogni giorno nelle nostre chiese centinaia di fedeli cibandosi di Cristo ripetono il loro Amen. Nel cuore di questa città, come del mondo intero, noi siamo chiamati ad annunciare la morte del Signore, a proclamare la sua risurrezione, nell’attesa della sua venuta (dalla Liturgia).
Adoriamo il Signore presente “sotto queste figure” per imparare a riconoscerlo con amore nei segni del mondo, anzitutto nell’uomo e in tutte le altre figure che fanno parte della sua dimora in questa terra. Chiediamo di poter guardare così gli uomini e il mondo, con quello sguardo profondo che cerca e coglie i segni della divinità nascosta. In tal modo, ogni nostro pensiero e azione potrà stare alla presenza di Dio.
È una intelligenza e uno sguardo che animano la carità verso ogni uomo, soprattutto il più povero e bisognoso, il nostro prossimo.
Dall’Amen della nostra adorazione, la gioia e la responsabilità di essere costruttori di pace. L’Eucaristia è per sua natura Sacramento della pace. Nella celebrazione eucaristica trova eco l’anelito alla pace che sale dagli uomini, in un tempo così drammaticamente carico di conflitti. Con lo scambio della pace, in particolare, la Chiesa implora la pace e l’unità per se stessa e per l’intera famiglia umana. Come insegna un antico commento alla liturgia: «Come il pane del corpo di Cristo viene portato a costituire un’unità a partire da molti chicchi, e quel vino da molti acini di un grappolo viene portato a costituire un’unica bevanda, così il Signore ha voluto che anche coloro che sono in relazione con lui stiano nell’unica compagnia della pace e nell’unità della fede, e ha consacrato questo mistero di amore e di unità proprio sulla sua mensa». La Chiesa si riconosca sempre più, a Cagliari e nel mondo, come la compagnia della pace, stretta dall’unità della fede e aperta a tutti gli uomini. In forza di questo dono possiamo educare le nostre comunità ad essere fermento di pace nel mondo (Andate in pace), nelle relazioni personali, nelle famiglie, nella nostra città e Isola, nel mondo intero. Il popolo cristiano sia riconoscibile anche per questo, per il suo operare a favore dell’unità e della riconciliazione, dell’amicizia personale e sociale.
Ha detto stamani il Papa: «Oggi più che mai, l’umanità grida e invoca la pace. È un grido che chiede responsabilità e ragione, e non dev’essere soffocato dal fragore delle armi e da parole retoriche che incitano al conflitto. Ogni membro della comunità internazionale ha una responsabilità morale: fermare la tragedia della guerra, prima che essa diventi una voragine irreparabile. Non esistono conflitti “lontani” quando la dignità umana è in gioco». L’amore all’uomo ci fa invocare in ginocchio la pace dalla misericordia di Dio. Sia fermata la guerra ed evitata la “voragine irreparabile”, la responsabilità e la ragione degli uomini di governo facciano tacere le armi e sappiano riaprire cammini di dialogo. Lo chiediamo per il Medio Oriente e Gaza, per l’Iran e la Siria, per i tanti conflitti nel continente africano, per tutte le parti del mondo segnate dall’odio della guerra. Facendoci voce di quanti soffrono e invocano pietà, anche stasera chiediamo la pace, la giustizia nel rispetto della dignità degli uomini e dei popoli, nella verità e nella libertà. La Chiesa, che avverte sempre più come suo compito quello di implorare dal Signore il dono dell’unità, si stringe con fiducia a Colui che «è la nostra pace» (Ef 2,14).