Esequie S.E. Mons. Antioco Piseddu
Parrocchia Sant’Anna, Cagliari
11 giugno 2025 – Memoria di S. Barnaba Apostolo
Diamo il saluto di commiato al nostro fratello e padre Antioco Piseddu, Vescovo emerito di Lanusei, dove ha speso tanti e fecondi anni, dal novembre 1981 al gennaio 2014. In questa Chiesa Collegiata di Sant’Anna, fu parroco presidente dal 1973 al momento dell’elezione a vescovo, nel settembre 1981, dopo esser stato viceparroco in Sant’Ambrogio a Monserrato, insegnante di religione al Liceo Ginnasio Siotto Pintor di Cagliari, docente in seminario, segretario vescovile del Cardinale Arcivescovo di Cagliari Sebastiano Baggio dal 1969 al 1973.
Dio solo conosce il segreto dei cuori e pesa con giustizia il valore di un’esistenza. Alla sua infinita misericordia affidiamo l’anima del fratello Antioco, nella certa speranza della felice risurrezione, insieme alla preghiera di far fiorire pienamente i semi di bene che egli ha deposto nel terreno di questa sua amata terra e nella profondità della Chiesa. Siamo riuniti per invocare che ora il Signore lo chiami a sé, in quella luce di verità e felicità d’amore delle quali potrà saziarsi per sempre, insieme alla mamma Giovanna e al babbo Giuseppe, la sorella Adelina, che ha pregato per lui nel monastero di Vetralia, a Mario e Raimonda, e a tutte le persone che nella comunione dei santi formano un solo e concorde popolo. Un pensiero particolare di cordoglio rivolgiamo alla sorella Efisia, ai nipoti e pronipoti.
Dopo l’accettazione della rinuncia al governo pastorale della diocesi di Lanusei per raggiunti limiti di età, Mons. Piseddu a Cagliari intraprese una significativa opera di studio e documentazione di storia ecclesiale con particolare riferimento alle chiese della Città. Pastore e studioso era animato da un’unica passione per la verità e la concreta presenza della Chiesa. Lo muoveva l’amore per quanti incontrava, anziani e molti giovani, e la riflessione profonda. In un’omelia al Pontificio Seminario Regionale Sardo aveva parlato della “Madonna del Pensiero”: «Maria ci sembra ci ripeta: non abbiate paura di pensare. Lei non ha avuto paura di pensare. Le prime parole che il Vangelo mette nelle sue labbra dopo l’annuncio dell’Angelo, ci colgono quasi di sorpresa: “Come avverrà questo?”. Chiede spiegazioni. E le avrà, tradotte per quanto possibile in pensieri e parole umane… Lavorava la sua mente e il suo cuore» (27.11.2018). Si può dire di Mons. Piseddu: lavorava incessantemente la mente e il cuore per renderli conformi ai pensieri e ai sentimenti di Cristo.
Possiamo ben lasciare all’impegno di un altro momento il racconto della sua traiettoria di vita, di riflessione e di ministero. Adesso preme soprattutto dare la nostra testimonianza, dire la nostra gratitudine per il grande dono della sua persona per quanti hanno avuto il bene di entrare in contatto con lui. Diceva san Giovanni Crisostomo che «chi è amato si muove a suo piacimento nell’intimo del cuore che lo ama». Diamo testimonianza di questo piacere, di questo muoverci con agio e sicurezza nello spazio del suo animo perché ci sentivamo voluti bene, rispettati, trattati con quella armoniosa delicatezza d’animo che si esprimeva nella gratitudine sincera e nella cordialità espressa con gli occhi e il sorriso non meno che con le parole. Il Vangelo di quest’oggi, memoria di San Barnaba Apostolo, chiede, d’altra parte, ai discepoli di entrare nei villaggi e nelle case rivolgendo il saluto e facendo scendere la pace che hanno nel cuore (cf. Mt 10,12-13): è l’esperienza della pace il segno che introduce e conferma l’annuncio di Gesù Cristo. Di questa pace che il Vescovo Antioco diffondeva, danno corale testimonianza gli amici, i presbiteri e i fedeli, i ragazzi ospiti del College Sant’Efisio, la comunità della Casa della Mercede a Sant’Elia. Ed io, infine.
Gli Atti degli Apostoli raccontano che giungendo ad Antiochia, l’Apostolo Barnaba «vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede» (At 11,23). Al discepolo apostolo spetta anzitutto cercare e riconoscere la grazia di Dio, per potersene rallegrare e così incoraggiare tutti a restarvi fedeli. Come si può altrimenti restare fedeli a una grazia non riconosciuta e che non riempie il cuore di letizia? Si può riconoscere il vero apostolo da questo sguardo, da questa letizia, dalla valorizzazione dell’altro, dalla capacità di rendere ragionevole e più facile l’infinita pazienza della fedeltà.
«Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento» (Mt 10.7-10).
L’apostolo non deve avere altra certezza che la bontà del messaggio che trasmette e la fedeltà di chi lo invia. Grazie a questa, a volte sconcertante, povertà del messaggero possiamo riconoscere la ricchezza del tesoro che egli trasmette. È forse questo il senso della malattia finale che ha consumato il Vescovo Antioco e lo ha consegnato all’incontro con il Signore. Nella povertà della mortificazione fisica e della perdita di autonomia, splende la perla preziosa per cui tutto è stato lasciato e di cui è stato fatto amministratore e annunciatore.
Nel testamento spirituale scritto l’11 febbraio 2023, leggiamo: «Mi metto totalmente nelle mani di Dio di cui ho sperimentato tante volte la immensa misericordia e lo ringrazio per tutto il bene che mi ha voluto e dimostrato nel darmi la vita, nel farmi cristiano, nel chiamarmi al sacerdozio e all’episcopato». Il cristiano non è un eroe eccezionale ma un uomo semplice, come Maria, che si consegna con lieta fiducia a un amore che sa vedere all’opera nella propria storia. Per quest’ abbandono ora chiediamo per il Vescovo Antioco il paradiso. È morto la domenica della Pentecoste.
«Ora che per lui sono passate le cose di questo mondo, portalo [o Padre] nel tuo paradiso, dove non è più lutto, né dolore, né pianto, ma pace e gioia con il tuo Figlio e con lo Spirito Santo nei secoli dei secoli» (dal rito delle esequie).