Omelie Vescovo

Omelia del Vescovo per l’ordinazione diaconale di Andrea Manunta

Cagliari, 29 ottobre 2021. Primi vespri di San Saturnino

Sir 51,1-12
2Cor 9,6-10
Gv 2,24-26

Il giovane Saturnino, piccolo di statura ed eccelso di animo, come scrivono le fonti agiografiche, ha dato la vita per la fede, realizzando la legge del Maestro: il chicco di grano caduto a terra se accetta di morire produce molto frutto. Il seme che invece non accetta di morire rimane solo (cf. Gv 12,24). Una lezione importante per tutti noi. Potremmo sì tentare di possedere la vita, rifiutando di donarla, ma a prezzo dell’infecondità, della solitudine e, infine, dell’inutilità. Non è forse questa la radice malata di tante solitudini e della perdita del senso del vivere? Una vita spesa solo per sé è troppo umana e quindi insufficiente. Solo una vita che si consuma per amore di Cristo è feconda di speranza e amicizia, collaborando alla continua rigenerazione del popolo di Dio. San Saturnino, patrono del popolo cagliaritano, testimonia la creatività dell’amore fino alla fine, dell’amore che dà la vita.

Il punto qualificante, la caratteristica decisiva della credibilità della Chiesa e della fecondità del suo apostolato è proprio la totalità della consacrazione a Cristo: mettere tutta la vita a servizio del gregge del buon Pastore, senza esitare a lasciare tutto per testimoniare la sua presenza nel mondo. È totale solo il servizio che compie l’unità dell’esistenza con la missione. Ad ogni battezzato, e in particolare a ogni consacrato nel ministero sacro, è sempre chiesto di impegnarsi con tutto sè stesso nella missione. «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» (Gv 12,26). Mettersi a disposizione del Signore significa lasciarsi condurre da lui, in una sequela senza condizioni, senza sapere il dove e il come, lasciandosi spogliare nel servizio del popolo cristiano. Non possiamo fissare condizioni. L’unica condizione è che a guidare il cammino sia il Maestro e Signore. «Se uno serve me, il Padre lo onorerà» (Gv 12,26): la fecondità è data come frutto di una ubbidienza illimitata che coinvolge l’intelligenza e la libertà, l’affetto e il sentimento, insomma tutte le dimensioni della persona, anche la sfera cosiddetta privata, in una dedizione senza misura. Non è un ideale moralistico, eroico e forse velleitario, ma la felice scoperta della dinamica stessa dell’amore che tende sempre al tutto e al per sempre e ne gioisce.

Oggi, caro Andrea, prometti di fare della tua vita un’unica missione e così la deponi nel cuore della Chiesa, nel suo terreno buono, che sei chiamato a servire con tutta la tua esistenza annunciando la Parola, servendo all’altare e testimoniando la carità. La connessione tra queste tre dimensioni deve poter trovare in te la sua manifestazione ed efficace dimostrazione. Le espressioni del Rito di Ordinazione aiutano a comprendere la condizione e il frutto di questa intima connessione: il contatto con il Corpo e il Sangue di Cristo ti chiama a voler «conformare a lui tutta la tua vita», mentre l’annuncio del Vangelo esige che tu «creda sempre ciò che proclami, insegni ciò che hai appreso nella fede, viva ciò che insegni». Ogni distacco e incoerenza tra vita, parola, sacramento e servizio deturpa il volto di Cristo e macchia la Chiesa. La tua vita, caro Andrea, è chiamata ad assumere una forma eucaristica, che diventa essa stessa una buona notizia perché, conformandoti alla donazione di Cristo, ti abilita e impegna a vivere la sua stessa carità verso ogni uomo.

Questa è la gioia della vocazione cristiana come scriveva Paul Claudel: forse che «fine della vita è vivere? forse che i figli di Dio resteranno con fermi piedi su questa miserabile terra? Non vivere, ma morire, e non disgrossar la croce, ma salirvi, e dare in letizia ciò che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna! Che vale il mondo rispetto alla vita? E che vale la vita se non per essere data? E perché tormentarsi quando è così semplice obbedire?».
Che vale la vita se non per essere donata? Il giovane Saturnino ha dato sè stesso in un solo gesto perfetto, l’atto del sacrificio, del morire per amore. Noi siamo normalmente chiamati a dare la vita in una serie infinita di atti quotidiani, anche imperfetti, ma sempre vissuti per amore o almeno nel suo desiderio.

Caro Andrea, la Chiesa ti ringrazia per la tua generosa dedizione e prega perché la tua offerta porti frutti di grazia, misericordia e pace.

 

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