Omelie Vescovo

Veglia pasquale. Omelia dell’Arcivescovo

Cattedrale di Cagliari 11 aprile 2020

 

A tutti voi carissimi amici la gioia di questa Pasqua.

1. Nel reparto COVID dell’Ospedale Santissima Trinità di Cagliari, i medici e il personale sanitario hanno appeso un cartello con la scritta L’amore vince la paura. Pochi giorni fa un medico mi ha confidato che va al lavoro con questa preghiera: che l’amore vinca la paura. È la missione di Gesù Cristo, il quale è venuto a liberare quelli che «per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (Ebr 2,15). Ciò che rende l’uomo schiavo è la paura, il timore di perdere ciò che ha a cuore. Cristo è venuto tra noi, ha accettato la morte, è risorto per liberarci dalla paura del nulla. È la paura della morte che ci rende schiavi, la gioia dell’amore più forte della morte ci rende liberi.

Ora che la liturgia ci fa cantare l’alleluia della gioia pasquale, l’alleluia della resurrezione ripetiamo con ancora più forza le parole che l’angelo rivolge alle donne: «Voi non abbiate paura», e poi di Gesù stesso che apparendo alle donne dice: «Non temete». Non temiamo perché Cristo è risorto e noi siamo liberi!

Quando abbiamo paura è perché trepidiamo per la possibilità di perdere ciò per cui viviamo. Che cos’è in fondo la paura?  È la trepidazione di perdere l’amore per cui viviamo. È per questo che la resurrezione di Cristo ci libera da questo timore, perché ci fa vivere per ciò che non può andare perduto La resurrezione di Cristo ci dà la possibilità di vivere per ciò che non può esserci tolto, per ciò che non finisce, per l’assoluto, l’eterno, l’infinito di Dio. Vivendo per ciò che non può esserci tolto, nulla potrà separaci dall’amore di Cristo. Possiamo consegnare le nostre paure ed essere liberi perché Cristo è risorto e ci ha donato come amore della vita ciò che è più grande di ogni possibilità di male. Non possiamo più vivere di altro, o almeno dobbiamo pregare tutti i giorni di non vivere di altro che di questo.  Siamo «viventi per Dio, in Cristo Gesù», significa che la risurrezione di Cristo ci dona la possibilità di vivere per ciò che non finisce, per ciò che non può andare perduto. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Non possiamo più vivere di altro.

2. La grazia di questa nuova vita, questa vita per Dio in Gesù Cristo, può esserci comunicata solo in un incontro, perché la vita si riempie di gioia solo per qualcosa che accade ora. Non può essere sufficiente un pensiero, un ricordo, una grandezza passata o la bella utopia di un futuro. Serve un incontro vivo, attuale con il Risorto: «So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto». Il cuore è lieto perché non possiamo trovare Gesù tra i morti del passato, ma nel nostro presente, dentro le circostanze che viviamo, in ogni qui ed ora dello spazio e del tempo. «Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. È risorto e non muore», e così ogni uomo può incontrarlo sempre come occasione di rinascita e vita nuova. Cristo non è più costretto nelle barriere del tempo, dello spazio, delle circostanze: ogni uomo, in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni circostanza può incontrare la vita e rinascere alla gioia senza fine.

3. «Là lo vedrete», «là mi vedranno». Questa è la vita del cristiano: vivere di ciò che di lui sempre appare. Come abbiamo detto in una delle orazioni: “ciò che è distrutto si ricostruisce, ciò che è invecchiato si rinnova, tutto ritorna alla sua integrità”. Quando vediamo il miracolo di questa rinascita, vediamo il risorto. Il cristiano vive di ciò che vede e Cristo risorto si lascia vedere. E lo vediamo in tante circostanze e soprattutto nello sguardo dei santi, di coloro il cui amore ha vinto ogni paura: vediamo Cristo vivo nello sguardo dei santi e attraverso i loro occhi. Vince il timore e riempie tutta la vita di gioia solo vedere la presenza dell’Amato vivente. Il cristiano vive di ciò che vede.

4. Il Signore Risorto ci dà un appuntamento. «“È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”». «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno». Egli ci precede, ossia ci aspetta sempre, dobbiamo correre verso di Lui perché già ci aspetta. Possiamo vedere il Signore vivo in Galilea: dove tutto è iniziato, dove i discepoli lo avevano incontrato al lavoro e tra la gente come presenza bella, che stupiva, la cui parola agiva con autorità. Occorre tornare in Galilea per rivederlo, ossia ritornare al nostro primo amore, all’amore di un tempo, perché quella bellezza vinca la tentazione dell’effimero e la stanchezza del tempo. Rinascere significa anche tornare al punto in cui tutto è iniziato, quando abbiamo compreso con emozione di essere di fronte all’eterno, e la nostra vita è stata abbracciata dalla Sua presenza. Ritornare a quel momento, per essere certi che non era illusione di gioventù o fiamma fugace, ma l’abbraccio del Cristo Vivente!

A noi serve solo la semplicità delle donne che di buon mattino vanno a cercarlo e vivono la gioia di annunciarlo al mondo in attesa. Ecco la nostra missione, la nostra gioia: annunciare al mondo intero che l’amore ha vinto la paura perché la vita ha trionfato sulla morte, Cristo è risorto!

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