Clero Vescovo

Lettera del Vescovo al clero per il giovedì santo

In occasione del giovedì santo l’arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi, ha indirizzato al clero diocesano una lettera, accompagnandola anche con breve videomessaggio.

 

 

 


Il videomessaggio


Il testo della lettera

Ai Presbiteri e ai Diaconi
dell’Arcidiocesi di Cagliari

Carissimi,

mi rivolgo a voi in questo momento centrale dell’anno liturgico e in un giorno a noi molto caro. La Messa crismale, durante la quale il Vescovo concelebra con i presbiteri e consacra il sacro crisma e benedice gli altri oli, considerata una delle principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio del Vescovo e un segno della stretta unione dei presbiteri con lui, quest’anno è trasferita ad altra data a causa delle restrizioni in vigore per contenere il diffondersi della pandemia in atto. Tutte le celebrazioni della Settimana Santa si svolgono secondo una forma inedita, senza concorso di popolo ed evitando per quanto è possibile la concelebrazione. Queste restrizioni hanno trovato accoglienza non senza «sofferenze e difficoltà nei Pastori, nei sacerdoti e nei fedeli» e unicamente per la «volontà di fare, anche in questo frangente, la propria parte per contribuire alla tutela della salute pubblica» (Comunicato CEI, 8 marzo 2020). Ci sarà tempo per riflettere sulle scelte fatte in questo frangente storico in tema di culto pubblico e circa la nostra missione in crisi come questa.

Da parte mia avverto la responsabilità di richiamare tutti alla necessità – indicata dal Papa – di dare «un senso evangelico anche a questo momento di prova e di dolore». Si tratta di leggere anche questa vicenda alla luce del Vangelo vivo e personale che è Gesù Cristo, nella consapevolezza che il discernimento evangelico è chiamato a cogliervi «un “compito”, una sfida alla libertà responsabile sia della singola persona che della comunità. È una “sfida” che si collega ad un “appello”, che Dio fa risuonare nella stessa situazione storica» (San Giovanni Paolo II). Sarà compito della nostra comunità presbiterale e diocesana rileggere questo periodo per discernere l’appello dello Spirito da raccogliere e il compito da assumere.

In questo Giovedì Santo siamo chiamati a ricuperare nella memoria orante le parole ascoltate nel giorno dell’Ordinazione: «Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore».

1. Abbiamo fatto esperienza di questa conformazione alla croce del Signore nella condivisione delle restrizioni, sofferenze e speranze del nostro popolo. I quasi cento preti morti nel nostro Paese per il coronavirus, alcuni dei quali sardi, mostrano con drammatica eloquenza la logica di una vita interamente spartita con i nostri fratelli uomini. Ricordiamo che il Signore Gesù «proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (Ebr 2,18). In questa circostanza facciamo davvero esperienza dell’unità tra esistenza personale e ministero: comunichiamo in modo credibile, oltre che creativo e generoso, solo l’amore che riscalda la nostra vita e la speranza che la apre al futuro. Siamo degni di fede nella misura in cui comunichiamo la grazia che attraversa e sostiene la nostra umanità. «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio» (2Cor 1,4-5). Anche la nostra fragilità umana diviene, in tal senso, segno della verità delle promesse e della misericordia di Dio (cf. 2Cor 12,9-10).

2. La più viva gratitudine sento di rivolgervi per la generosità con la quale avete organizzato gesti efficaci di carità, in un momento nel quale non possiamo sottrarci all’appello di portare «i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2). È la carità del cibo, del tetto e del sostegno economico o della prossimità alle persone sole e ammalate. Non dimentichiamo che l’unzione per il sacerdozio ha sempre anche significato l’incarico di portare la misericordia di Dio agli uomini. Ce lo ricorda anche San Giustino, nella sua Prima Apologia, testimoniando che quanto è raccolto nel contesto della celebrazione domenicale «è consegnato al presidente; egli stesso va ad aiutare gli orfani, le vedove e coloro che sono bisognosi a causa della malattia o per qualche altro motivo; coloro che sono in carcere e gli stranieri che sono pellegrini: è insomma protettore di tutti coloro che sono nel bisogno». La peculiare unità di culto e amore che si compie nell’Eucaristia indica chiaramente che il fondamento della nostra comunione in Cristo è lo stesso della condivisione fraterna dei beni.

Ci aspetta una ripartenza difficile, nella quale saremo chiamati alla più ampia pratica della carità per sostenere un popolo molto provato, soprattutto nelle sue fasce più deboli. Serve anche mettere in campo una prassi di solidarietà tra le parrocchie. Per tale ragione, la Conferenza Episcopale Italiana, dopo aver stanziato importanti fondi dell’otto per mille a favore delle Caritas diocesane italiane e delle strutture sanitarie del terzo mondo, ha deciso un aiuto straordinario per le Diocesi e le parrocchie, alle prese con difficoltà e necessità crescenti. Non possiamo non pensare anche a un gesto che metta in gioco la nostra personale responsabilità. Da parte di alcuni sacerdoti mi è giunta la proposta di costituire un fondo speciale alimentato dalle offerte dei presbiteri e diaconi. Mi sembra un’idea molto significativa, tanto più che i beni di cui godiamo in ragione del ministero, dopo aver provveduto al nostro onesto sostentamento, sono per il bene della Chiesa e le opere di carità (cf. PO 17c). Sarà mia cura approfondire la fisionomia dell’eventuale iniziativa.

3. Ho potuto considerare con particolare gioia l’aiuto vicendevole che in numerosi casi ci si offre, segno di quel vincolo di fraternità che ci unisce in un solo presbiterio. Si tratti della condivisione di risorse o idee pastorali, oppure dello scambio di semplici gesti di amicizia con cui ci si sostiene, è comunque bello trovare un modo per dirsi: mi ricordo di te e della tua fede (cf. 2Tim 1,4-5). Nessuna iniziativa solitaria può sostituire questa umile testimonianza di comunione, perché ciascuno dei presbiteri è «legato ai confratelli col vincolo della carità, della preghiera e della collaborazione nelle forme più diverse, manifestando così quella unità con cui Cristo volle che i suoi fossero una sola cosa, affinché il mondo sappia che il Figlio è stato inviato dal Padre» (PO 8). La conoscenza della creatività e paziente tenacia con cui stiamo affrontando questa crisi rende facile gareggiare nella stima vicendevole (cf. Rm 12,9). Raccomando pertanto di non avere remore ad utilizzare i nostri strumenti di comunicazione sociale (settimanale e radio) per far conoscere come si vive e ciò che accade di significativo nelle nostre realtà ecclesiali. La testimonianza reciproca può rivelarsi in questo momento un efficace strumento di fraternità.

In attesa di abbracciarci nuovamente, Vi saluto fraternamente nella gioia del Signore Risorto.

 

Cagliari, 9 aprile 2020,
Giovedì Santo

Giuseppe Baturi
Arcivescovo


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