Pastorale sociale

Chiesa, politica e bene comune

papa franceso in cattedrale a cagliari

22 settembre 2013
Il Papa esce dalla Cattedrale di Cagliari
(Foto Luka Loi)

La cronaca politica isolana registra nell’ultimo periodo un dibattito vivace frutto di un quadro politico più che mai frammentato all’interno dei diversi schieramenti che si preparano alla scadenza elettorale delle prossime regionali.

Dentro quest’orizzonte emerge anche l’iniziativa sorta con l’Associazione “Terra di pace, istruzione, lavoro e solidarietà”, coordinata da don Ettore Cannavera insieme ad un gruppo di personalità della società civile. Lo scopo dichiarato del movimento non è quello di dare vita ad un nuovo schieramento partitico quanto quello di contribuire alla politica in senso ampio, approfondendo le tematiche legate alle cinque parole chiave che danno il nome all’associazione (tra le quali manca però la parola famiglia) e svolgendo un’azione di stimolo rispetto a quella dei partiti.

A nessuno sfugge tuttavia che quando si entra nel campo politico gesti e parole di chiunque possono essere interpretati al di là delle loro reali intenzioni. Se si segue il dibattito politico delle ultime settimane ci si accorge come questo rischio riguardi anche l’iniziativa citata.  Le istanze senza dubbio importanti portate avanti, come ad esempio gli appelli alla legalità, alla visione della politica come servizio alla comunità e non come mero esercizio del potere, per richiamarne solo alcune, non sono certamente da trascurare. Tuttavia il fatto che la rappresentanza del movimento sia di un sacerdote, con le ripercussioni mediatiche che l’accompagnano, per alcuni fa  pensare ad un impegno sostanzialmente diretto della Chiesa in campo politico. Questo però non può essere, se è vero che la realtà dell’impegno politico fa parte del «carattere secolare» che «è proprio e peculiare dei laici» e che si concretizza nel «cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio» (Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n. 31).

Papa Francesco nella sua visita a Cagliari dello scorso 22 settembre è tornato sullo stesso argomento con una riflessione incisiva: «la società italiana oggi ha molto bisogno di speranza, e la Sardegna in modo particolare. Chi ha responsabilità politiche e civili ha il proprio compito, che come cittadini bisogna sostenere in modo attivo. Alcuni membri della comunità cristiana sono chiamati ad impegnarsi in questo campo della politica, che è una forma alta di carità, come diceva Paolo VI. Ma come Chiesa abbiamo tutti una responsabilità forte che è quella di seminare la speranza con opere di solidarietà, sempre cercando di collaborare nel modo migliore con le pubbliche istituzioni, nel rispetto delle rispettive competenze» (Discorso in Cattedrale all’Incontro con i poveri e i detenuti).

Benedetto XVI nell’Enciclica Deus caritas est mostra la fondamentale distinzione tra il campo proprio della Chiesa e quello della politica: «la Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile. Non può e non deve mettersi al posto dello Stato. Ma non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia. Deve inserirsi in essa per la via dell’argomentazione razionale e deve risvegliare le forze spirituali, senza le quali la giustizia, che sempre richiede anche rinunce, non può affermarsi e prosperare. La società giusta non può essere opera della Chiesa, ma deve essere realizzata dalla politica. Tuttavia l’adoperarsi per la giustizia lavorando per l’apertura dell’intelligenza e della volontà alle esigenze del bene la interessa profondamente» (n. 28).

Nella Deus caritas est, che riprende in questo la Christifideles laici di Giovanni Paolo II (n. 42) ritroviamo  poi la sottolineatura della chiamata dei laici cristiani alla costruzione del bene comune mediante l’impegno politico «il compito immediato di operare per un giusto ordine nella società è invece proprio dei fedeli laici. Come cittadini dello Stato, essi sono chiamati a partecipare in prima persona alla vita pubblica. Non possono pertanto abdicare “alla molteplice e svariata azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune”» (n. 29).

Il richiamo allo specifico contributo dei laici cristiani, adeguatamente formati, per la costruzione del bene comune è anche certamente una risposta efficace alla tendenza all’anti-politica che emerge in questa fase e trova pretesti di vario genere per allargarsi: a questa tendenza si può contrapporre soltanto la riscoperta di una politica buona, chiara e competente, capace di porsi davvero al servizio delle esigenze della collettività

Redazionale de Il Portico 45/2013

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